Poema in cinque canti in terza rima alla vineria Ke Vin! di Treviso
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IL TESTO DEL QUINTO CANTO:
Noi raggiungemmo un imbuto maestoso
tanto che atto lieve era entrarvi interi
e gli osti, vedendomi timoroso,
fecero com’è d’uopo ai pionieri
e di culo scivolaron nel buco
così veloci e così volentieri
che a ridir nemmeno ormai m’induco.
Io ratto li seguii con mossa lesta
come fragile stelo di sambuco
che s’incurvi per soffio di tempesta
e d’incanto mi trovai in osteria:
i miseri lamenti della mesta
turba erano ormai canti ed allegria
e fatta s’era di tristezza festa.
“Questa è la nostra gaia vineria,”
mi disse lieto ‘l buon Vincenzo, “e questa
è l’ombra che ti toglierà l’affanno:
bevi e non peccare più, bevi e resta
ebbro sempre ma senza mai far danno.”
Così disse quell’amico e fratello
e per mostrarmi che non c’era inganno
nella mano mi mise un rosatello.
“Ke vin! Ke vin! Ke vin!” gridai contento
e poi prosecco, merlot e rabosello
mi furon dati per sollazzamento,
e per far mostramento d’esser ligio
all’ubriachezza senza pentimento
cabernet, chardonnay e un buon pinot grigio
bevvi d’un fiato e con allegro cuore
sì che ogni cosa sembrava un prodigio.
In quel posto incantato dove le ore
liete scorrono fra brindisi e canti
rimanemmo finché si fece albore;
a bere e cantare eravamo in tanti:
ciascun felice della sua vittoria
(ché tal pareva il bere a tutti quanti)
allegro stava come fosse in gloria
e in questa vineria che allieta un sacco
tutta la notte facemmo baldoria.
Onore al vino e liete lodi a Bacco!!!